mercoledì 19 gennaio 2011

Qualcosa là fuori, in silenzio, forse si sta muovendo

Già è proprio così. Da tempo nelle mie ricerche sul web cerco di attingere dalla miriade di blog e articoli che popolano la rete con lo scopo di trovare persone che condividano le mie stesse riflessioni e mi consentano di svilupparle sotto certi punti di vista, magari secondo logiche di confronto, per poi raggiungere il tassello successivo.

Quasi per caso sono transitato sulle pagine di due blog, curati rispettivamente da Sergio Giannone e Massimiliano Di Marco, il primo fondatore del portale indipendente Xbox Way e collaboratore tra gli altri della rivista Wired, il secondo impegnato sulle pagine di Gamestar.it.

Gente come il sottoscritto, che con ogni probabilità ha vissuto esperienze simili alla mia, ragazzi tenaci, che credono nonostante tutta la miriade di difficoltà latenti in questo mercato di poter prima o poi trovare lo spiraglio per fare la differenza, se non a livello professionale, almeno sul piano dei contenuti, della qualità di scrittura e della validità delle proprie opinioni.

La tematica di fondo vaga nella mia testa da anni, probabilmente dal momento stesso in cui ho scelto di scrivere di videogiochi e di mettere in piedi questo blog, ovvero provare a comprendere in che modo si possa concretamente operare per far sì che questo ambiente sviluppi una maggior coscienza di sè. Sì avete capito bene, una coscienza critica che a ben vedere ancora è assente, per tutta una vastissima serie di motivi in parte già accennati in vecchi post, ma per lo più ancora da esplorare. La questione è tutt'altro che semplice.

I videogiochi sono un passo indietro rispetto alla stampa tradizionale, è innegabile riconoscerlo, e dice bene Sergio quando afferma che "La colpa è di chi a discapito della qualità predilige la quantità. La colpa è degli editori". Le mie esperienze passate sono esattamente lo specchio di questa affermazione, l'ho ribadito per l'ennesima volta anche nella giornata di ieri parlando della mia nuova avventura su Gamemag.

Aggiungerei che in molti casi non si tratta unicamente di una superficialità dovuta alla scarsa comprensione di come si dovrebbe lavorare, ma ad una vera e propria malafede che imperversa in seno a coloro che muovono le fila delle principali realtà specializzate. Si fa alla svelta a dare la colpa alla moltitudine di ragazzi che, con alterne capacità, si cimenta nella collaborazione con siti dalle politiche assai discutibili. Si fa presto ad additarli come principale causa dell'empasse di un mondo che invece di sfruttare la spinta propulsiva garantita da Internet sta vivendo all'ombra dei "vecchi fasti" delle riviste cartacee. Non sono loro la spada di Damocle, leviamocelo dalla testa.

Che poi se ci ragioniamo per bene è l'apoteosi dell'assurdo. Negli anni '90 il linguaggio dei videogiochi era ancora più acerbo di quanto non sia oggi, la sperimentazione nel pieno del suo corso, erano gli anni in cui nasceva Doom, in cui dal 2D si passava alle esperienze tridimensionali, figuriamoci quanto potessero essere chiari e definiti i paletti a disposizione della stampa specializzata. La risposta è piuttosto scontata.

Riprendendo le fila del discorso credo sia piuttosto pacifico che il problema stia a monte, ovvero nel fatto che la rete abbia sdoganato come sedicenti "editori" tutta una serie di soggetti che, per vari motivi (e per fortuna aggiungerei), non aveva avuto possibilità di crearsi uno spazio in un mercato molto più tradizionale e "rigido" come quello della carta stampata. Non c'è bisogno di fare nomi, chi vive all'interno sa bene a chi e a cosa mi sto riferendo.

Sempre Giannone scrive nel suo articolo:

"Ma a volte mi chiedo davvero se chi scrive su questi siti (e prima di loro chi approva gli articoli per la pubblicazione) conosca esattamente qual è lo scopo di una recensione, a cosa serve, a quale pubblico è presumibilmente rivolta e di conseguenza come andrebbe impostata. Che tipo di linguaggio usare, quanto deve essere lungo il pezzo."

Touchè, è esattamente questo il punto focale della questione: qui abbiamo a che fare con persone che non solo si sono improvvisate senza avere la reale comprensione di ciò che si apprestavano a fare ma (cosa più grave a mio modo di vedere) non sono state nemmeno in grado di maturare una coscienza nel tempo, per mezzo dell'esperienza, probabilmente più per questioni di comodo che per reali incapacità intellettuali. E poi ci sarebbe da spendere due parole sulla formazione accademica in materia, ma è un argomento che meriterebbe una trattazione a sè stante.

L'unico tassello sul quale a mio modo di vedere la mia interpretazione e quella di Giannone differiscono riguarda il fatto che il lato economico della faccenda sia slegato da quello meramente qualitativo. Per come la vedo io le due problematiche sono legate vicendevolmente una all'altra, c'è poco da fare. Laddove economicamente esista una condizione che offra determinate garanzie è anche più facile che ci possa essere un apporto qualitativo maggiormente apprezzabile. Non intendo necessariamente soddisfacente sia chiaro, ma per lo meno in grado di mantenersi entro i binari della decenza (e mi riferisco se non altro alla forma e ad un utilizzo corretto della lingua italiana).

Peraltro andandoci a collocare su un livello ulteriore si può convenire con Sergio che il giornalismo videoludico ad oggi sia un termine vuoto, privo di quel contenuto che dovrebbe essere invece chiaro ed evidente anche per coloro che magari non si interessano minimamente a questa realtà. Ahimè non è così. Certamente esistono delle eccezioni, persone di grande esperienza che già da tempo prestano la loro penna alla stampa generalista dando un minimo di lustro all'intero settore, gente come Ivan Fulco, tanto per fare il primo nome che mi viene in mente. Ma è ancora troppo poco, non ci sono dubbi.

Tirando le somme di queste riflessioni notturne (o nottambule che mi sembra più appropriato XD), rivolgo un invito ai diretti interessati ma anche a tutti coloro che dovessero leggere questo articolo e si identifichino nei suoi contenuti: parliamone insieme, mettiamoci in contatto, è l'unico modo costruttivo per crescere e acquisire strumenti che diversamente ci sarebbero preclusi. Tutti abbiamo ancora molto da imparare ma il fatto che, come ho scritto nel titolo, là fuori qualcosa si muova, nella coscienza altrui, mi fa andare a dormire con stimoli rinnovati.

Ci si legge. Un saluto al popolo della notte. ;)

15 commenti:

BrunoB ha detto...

Hola, il problema, secondo me, non sono gli editori. Il problema è il sistema economico dell'industria videoludica.

Mettiamo che vuoi aprirti un sito "serio", che cioè ti dia un ritorno economico. Da dove li prendi i soldi? Dalle pubblicità. Chi ti paga le pubblicità? I publisher.

Mettiamo che il publisher ti dia da recensire un gioco-schifezza. Gli dai uno zero bello tondo: ricevi i complimenti dai colleghi per il coraggio, dai lettori per l'onestà, e intanto il publisher ti manda affanculo e hai perso un inserzionista e dei soldi.

Al publisher toglierti la pubblicità non fa né caldo né freddo: la sua pubblicità comunque sarà su centinaia di altri siti, e anche quando non lo fosse, rimarrebbero comunque TV, radio, offerte speciali sugli store online, promozioni nei negozi. Non siamo più ai tempi in cui se non eri sulla copertina di TGM non ti conosceva nessuno.

Uno dice, mi cerco altri inserzionisti, che non siano dell'ambiente. In qualche podcast ho sentito che i tipi di Multiplayer hanno dovuto sputare sangue per avere la pubblicita dell'AXE. E parliamo di Multiplayer, mica dell'ultimo blog amatoriale. E anche i siti esteri che Multiplayer se lo pappano, hanno mai inserzionisti che non siano dell'ambiente?

In queste condizioni, dove c'è lo spazio per uno scrivere di qualità? A che serve pagare un giornalista per fare un pezzo scritto come si deve, se poi non lo legge nessuno, e invece magari il video con la comparativa delle versioni PS3 e X360 del titolo X fa il boom di accessi (e di impressioni pubblicitarie)?

Perché pure i lettori sono invischiati nel marketing, nel susseguirsi frenetico di press release, preview, filmati... arrivano sul sito che hanno già subito il lavaggio del cervello del marketing.

E il sito, per sopravvivere, deve giocoforza entrare nel meccanismo, perché è stretto tra l'incudine del publisher inserzionista ed il martello dei lettori addomesticati dal marketing.

Ti dirò, io la vedo abbastanza nera. Azzardo un'analisi: negli anni 80-90, se non eri su Zzap! o TGM il tuo gioco non lo conosceva nessuno: il publisher aveva bisogno della rivista. Arriva la PSX, arriva il marketing pesante: le riviste cominciano ad avere meno influenza. Cominciano ad apparire i siti, e arriviamo ai giorni nostri: dipendenza economica totale dai publisher.

Il futuro? Da un lato c'è l'avanzata del casual gaming, che si rivolge ad un pubblico che se ne frega di approfondire leggendo recensioni. Dall'altro ci sono i giochi "hardcore" (o, per meglio dire, non-casual), che oggi beneficiano della cassa di risonanza di siti e riviste, ma più in là potrebbero basare il loro marketing esclusivamente sulle promozioni negli store fisici e online, e magari su pubblicazioni ad hoc curate dagli stessi publisher.

Insomma, l'editoria videoludica è (per come è strutturato il sistema oggi) in pieno conflitto d'interessi, e fintanto che questo conflitto non si risolverà, la vedo dura un'evoluzione della stampa specializzata - a meno che non si parli di progetti indipendenti e/o amatoriali.

Ci sarebbe altro da dire, ma mi sono già dilungato troppo credo - il punto che cmq volevo sottolineare è che qualsiasi editore, anche il più "onesto", deve comunque trovare un metodo per far entrare soldi in cassa, e fintanto che non si riuscirà a trovare modelli alternativi alla pubblicità dei publisher, ci sarà poco da fare.

Davide "Spetz" Spotti ha detto...

Ciao BrunoB,

ti ringrazio per l'intervento e vorrei spendere due parole su quanto hai scritto.

Puoi convenire con me che la questione nel suo insieme sia davvero sterminata e tocchi le tematiche più disparate. Il mio intento era proprio di stimolare un dibattito, quindi ben vengano le idee e le opinioni :)

Come affermi tu il problema delle entrate pubblicitarie è una delle annose questioni irrisolte che genera conflitto tra le aspirazioni di chi controlla una realtà editoriale e la prospettiva di aprirsi degli spazi, in sostanza di "rimanere in vita".

Quando parlo di connessione tra il problema qualitativo e le entrate economiche chiamando in causa gli editori mi riferisco al fatto che, anche con le risorse scarse che ci sono e gli evidenti problemi di entrate pubblicitarie esterne, si potrebbe comunque fare di più.

C’è chi è riuscito a farlo, non facciamo nomi ma basta rifletterci un attimo, e chi invece ha pensato che tutto sommato fosse molto più agevole selezionare senza soluzione di continuità gente alle prime armi, peraltro senza avere una reale comprensione di chi sia realmente valido e chi debba invece ricevere un cordiale diniego.

Mi spiego meglio: mi sembra quantomeno assurdo che in questo settore l’invio del fantomatico “articolo di prova” sia spesso e volentieri la principale credenziale richiesta per poter valutare se una persona merita di essere presa a collaborare oppure no, questo perché? Beh semplice, perché nelle realtà in oggetto chi si propone nella maggiore delle ipotesi non ha alcun curriculum pregresso da poter far valere.

Per carità io stesso ho iniziato in questo modo a suo tempo, però mi sono anche dato da fare in questi anni per formarmi, per migliorare la mia capacità critica e di scrittura, per approfondire la mia conoscenza di molte dinamiche che prima semplicemente ignoravo. Non sempre percepisco questo impegno da parte di chi scrive.

Questo perché avviene? A mio modo di vedere perché sono gli stessi responsabili dei portali che non hanno una reale percezione o idea su “come si debba scrivere di videogiochi” (salvo eccezioni) e su come si debba gestire una rete di collaboratori. Qua nessuno pretende che lo si faccia tutti per lavoro, ma anche un freelance può dare qualità, se gestito come Dio comanda.

BrunoB ha detto...

Per curiosità: io non ho tempo di seguire in pianta stabile i siti videoludici, per cui non ho proprio idea di quali siano quelli "fatti meglio" a cui accenni.

Ti va di farmi qualche nome? Magari anche per email: b.barbera@gmail.com

Davide "Spetz" Spotti ha detto...

Mi riferivo a chi dispone di un team in pianta stabile con una base e un'esperienza tali da agire con cognizione di causa.

Poi anche in questo caso non esistono assiomi, perchè ci sono persone che sulla carta e visto il posto che occupano dovrebbero essere molto più skillate della media, mentre talvolta non è così.

Per questo sono d'accordo nel dire che un vero giornalismo di settore dopotutto non c'è, o non ancora. Anche perchè le persone con in mano il tesserino si contano sulle dita di una mano.

A me sta anche bene che esistano portali che si propongono come una sorta di "ricerca talenti", per lanciare la gente alle prime armi (a patto che ci sia del potenziale in queste persone, mica random). Il problema è che nel nostro caso questo schema non rappresenta l'eccezione a fronte di un mercato professionale e navigato, ma la regola. Non va bene, c'è poco da fare :)

Andrea Peduzzi ha detto...

Ciao Davide, io come già ti accennavo sono meno drastico sulla situazione attuale della critica dei vg (mi riferisco solamente alla sua qualità e maturità, non alla gestione dei collaboratori o roba del genere, che meriterebbe un lunghissimo discorso a parte). Ora, non dico che non ci sia in giro tanta brutta roba, come recensioni/consigli per gli acquisti o anteprime che sembrano la parafrasi di un comunicato stampa, tuttavia se si tengono gli occhi aperti si possono scovare moltissime risorse online (italiane) che offrono ottimi approfondimenti (non faccio nomi-spam, ma la roba che seguo te la posso segnalare appena ci sentiamo), saggi e altro. Poi mi capita di leggere roba sempre più interessante sui forum o sui blog personali dei giornalisti più in gamba, che a volte parlano senza pressioni delle loro opinioni su vg o universi tangenti, e questo è un privilegio che anni fa ci si poteva solo sognare (come pure la possibilità di impostare discussioni dirette). La crescita la vedo anche su molto grossi portali (non tutti, chiaro), che a volte propongono approfondimenti affatto banali (in questo caso, sai già cosa apprezzo). In definitiva, quindi, la mia opinione è che con un poco di attenzione si possono tracciare delle buone piste in mezzo alla merda, e ora come ora ci sono giornate che faccio persino fatica a leggere tuto quello che metto da parte la mattina su google reader. Poi, oh, non dico che su molti punti tu non abbia ragione da vendere, solo che resto meno apocalittico: non me la sento di pensare tutta la critica di questo settore inferiore a quella letteraria o cinematografica, che anche lì si leggono delle belle fregnacce.

Andrea Peduzzi ha detto...

Ah, e non ho nominato i podcast: ci sono dei podcast fighissimi sia legati a grosse realtà, che privati.

Davide "Spetz" Spotti ha detto...

Ciao Andrea :)

Non vorrei essere stato frainteso nello scopo di questo articolo. La mia non voleva essere una visione apocalittica, non avrei cercato di ripropormi nell'ambiente e di trovare nuovi stimoli dopo i fatti di quest'estate (e non solo) :)

Dico però che la qualità è spesso soverchiata dalla quantità, dalla fretta di andare online necessariamente prima di tutti, e altre cose di questo tipo.

Come dici tu gente competente ce n'è (e meno male, altrimenti ci dovremmo mettere tutti il cappio al collo XD), molta però è, in un modo o nell'altro, costretta a dedicarsi ad altro. Non si può più permettere di impostare la propria vita professionale su questo settore.

Un nome su tutti? Mattia Ravanelli, il suo blog lo apprezzo, è uno che dice quello che pensa e lo argomenta anche bene, al di là che poi si possa essere d'accordo o meno. Ha lasciato l'editoria specializzata già da qualche anno e non ci pensa minimamente a tornare indietro. Questo la dice lunga, ma si potrebbero fare anche altri esempi.

Poi c'è il discorso legato alla generalista. Io sono contento quando leggo gli articoli di uno come Fulco su La Stampa, molto meno quando mi tocca vedere gente che manco sa com'è fatto un pad fare voli pindarici da circo e coprirsi di ridicolo, solo perchè la credibilità del medium non è la stessa delle altre forme di espressione :)(non per me sia chiaro, per la società in senso lato).

Davide "Spetz" Spotti ha detto...

Basta leggere questo mio vecchio post per avere un'idea di cosa intendo per "voli pindarici da circo".. XD

http://spetz-corner.blogspot.com/2010/06/solo-24-boiate.html

Andrea Peduzzi ha detto...

No, ok, moltissimi pezzi interessanti vengono da gente che non campa nel settore, ma almeno altrettanti son scritti da professionisti che si spendono anche su grossi siti (che poi magari vivono anche di altro, ma io quello non ho modo di saperlo). Quello che però volevo fare con il mio intervento (forse sono stato io a essere troppo apocalittico) era sollevare la questione dell'organizzazione e circolazione dell'informazione, e spostare un po' di peso anche sulle spalle degli utenti, che dovrebbero imparare a discriminare l'informazione e farsi massa critica, non fermarsi a voti o speciali per ragazzini.

Davide "Spetz" Spotti ha detto...

E' indubbio che talvolta gli utenti non capiscano quali siano i contenuti effettivamente validi e quali invece no. Tanti si limitano a guardare solo il voto, non distinguono l'attendibilità delle informazioni in base alla loro provenienza o alla competenza di chi firma i pezzi. Per la serie: "tutto fa brodo, tanto è gratis, che ci frega?".

Dopotutto è una questione di target, chi è più esperto sa cosa aspettarsi dal web e dove attingere per ricevere informazioni di maggior qualità. La massa invece si accontenta. Questo non autorizza comunque a sviluppare una critica poco efficace o a castrarla in partenza.

E qui si potrebbe aprire un altro enorme vaso di pandora sull'utilità del voto, l'assurda scelta di usare i decimali e altre amenità, ma me lo risparmio XD

Andrea Peduzzi ha detto...

Io se proprio, vorrei le stelline, come nei dizionari dei film. Giusto come indirizzo generale. Ma sentir gente nei forum che litiga sui decimi di voto, boh..

Davide "Spetz" Spotti ha detto...

Quoto, è proprio una delle prime cose che mi è saltata all'occhio quando ho iniziato a seguire Gamemag. E' l'unica via sensata per valorizzare il testo rispetto alla valutazione finale.

I flame sui decimali poi sono di una tristezza che fa spavento.. XD Che poi capitasse solo tra gli utenti, il problema è che avviene anche all'interno degli staff. Non ha senso.

Andrea Peduzzi ha detto...

A me piacerebbe una valutazione unica in stelline, massimo quattro (cinque, via). Le sottocategorie (grafica, sonoro, ecc..) son la roba che odio di più in assoluto ("longevità" poi è la peggiore di tutte, quasi non ha senso), sono IL MALE. Nascono da un'approccio critico tecnico legato alle origini "ingegnieristiche" del mezzo, che ormai dovrebbe lasciar posto al videogioco inteso come testo (o al massimo come "luna park", come ha scritto qualcuno).

Anonimo ha detto...

Ciao Davide (e ciao anche agli altri ragazzi che sono intervenuti nella discussione),

avevo tanto da dire e ho preferito farlo scrivendo, sul mio blog, un nuovo post sull'argomento:

http://geekjournalist.it/2011/01/22/esiste-davvero-il-giornalismo-videoludico-parte-seconda/

In questa sede, colgo invece l'occasione per ringraziarti per aver ritenuto degna di considerazione la mia opinione sul tema.

Mi piace che si inizi a discutere di queste tematiche: continuiamo a farlo, è importante ;)

Un saluto,
Sergio Giannone

Davide "Spetz" Spotti ha detto...

Ciao Sergio,

ti ringrazio per essere intervenuto e aver proseguito la trattazione dell'argomento sulle pagine del tuo blog :D

Se utilizzi MSN o Skype aggiungimi pure così uno di questi giorni ci facciamo due chiacchiere ;)