giovedì 19 agosto 2010

Quel dannato richiamo

Due anni fa di questi tempi ero affaccendato in quel di Lipsia con un'agenda di appuntamenti infinita, mille problemi da risolvere nel corso delle infinite giornate di fiera, nemmeno il tempo di fermarsi per mangiare, due simpatici e appassionati compagni di viaggio e tanto entusiasmo.

730 giorni dopo la situazione è parecchio differente. Come molti di voi avranno letto in queste settimane il recente epilogo dell'esperienza vissuta su Eurogamer ha sancito (definitivamente?) il mio deliberato allontanamento dall'ambiente della critica specializzata.

Eppure il "dannato richiamo" non ha smesso di farsi sentire nell'aria. Vi chiederete cosa intendo con l'espressione "dannato richiamo". Amo definire in questo modo la sensazione che scaturisce da una forte passione, quel feeling che intercorre tra la propria mente e una determinata attività, che difficilmente può spezzarsi appunto perchè quest'ultima è entrata nel proprio immaginario personale come qualcosa di imprescindibile.

Nella mia vita ho coltivato molti interessi, ma niente si è mai insinuato così in profondità come il gaming, (forse anche troppo..!); se non fossi stato sostenuto da una forza propulsiva così dirompente non avrei mai intrapreso il percorso che ha caratterizzato questi ultimi anni, per lo meno non così a lungo. Rendere qualcosa che vivi in modo viscerale un lavoro può essere molto pericoloso e al comtempo davvero esaltante... sfortunatamente ha prevalso la prima ipotesi.

Sono quindi proprio questi giorni di fiera che mi fanno riflettere su ciò che è stato, ciò che poteva essere e ciò che quasi certamente non sarà. Non sono mai stato a Colonia nemmeno come turista ma da quanto mi è parso di capire l'impianto che ospita il Gamescom è all'avanguardia e non ha fatto rimpiangere il suo predecessore, che pure sapeva dire la sua (la città di Lipsia decisamente meno...).

Lo scorso anno a tratti sembrò esserci l'opportunità per il sottoscritto di prendere parte alla spedizione, poi non se ne fece più nulla. Ora sono fuori gioco e mi approccio alle novità dell'industry da semplice appassionato, per la prima volta dopo oltre 3 anni. Sul domani non mi pronuncio ma se non altro una certezza resta: non appenderò mai il pad "al chiodo". Per gli "sfoghi" giornalistici e non (tipo questo), ci sono pur sempre le fidate pagine di questo blog. ;)

venerdì 13 agosto 2010

Levine presenta...la città volante!

Devo essere sincero, da quel visionario di Ken Levine mi aspettavo una nuova IP. Dopo aver lasciato Bioshock 2 nelle mani di 2K Marin non credevo che il leader di Irrational Games intendesse proseguire oltre, ma avesse da tempo rivolto le sue attenzioni su qualcosa di mai visto.

Poi però riguardo il video di Bioshock Infinite e penso che, dopotutto, se non si tratta di una novità assoluta, poco ci manca. Niente più fondali marini, l'oscura Rapture cede il passo alla sfavillante Columbia, una maestosa città volante di cui ancora non sappiamo praticamente nulla ma che, almeno a livello visivo, dimostra di avere ben poco da spartire con la distopica metropoli subacquea fondata da Andrew Ryan.

Come ha precisato lo stesso Levine in un'estesa intervista rilasciata in esclusiva a Joystiq, il motore grafico è stato ricostruito dalle fondamenta e consentirà una quantità di soluzioni decisamente più ampia rispetto a quanto non fosse possibile con il vecchio Unreal Engine 3, utilizzato nel primo capitolo. Questo si tradurrà in nuovi poteri, una maggior quantità di nemici da combattere su schermo e ambientazioni più ampie all'interno delle quali muoversi, tanto per cominciare.

Irrational sembra decisa a proseguire sulla strada dell'approccio fortemente metaforico e visionario, facendo leva su una fase storica (i primi anni del '900) foriera di grandi innovazioni per gli Stati Uniti, nel passaggio dal selvaggio West ottocentesco alla crescita industriale ed economica che nel XX secolo renderà il paese una potenza assoluta a livello mondiale. La città volante sembra racchiudere al contempo le ambizioni di progresso e di onnipotenza dell'essere umano; ritornerà con ogni probabilità il riferimento al "sogno americano" che già nel primo capitolo era piuttosto evidente, il fatto che a chiunque fosse data una possibilità di distinguersi, di emergere (o sommergere in quel caso..XD), anche se poi in definitiva molto spesso il fine non giustifica i mezzi.

Unica controindicazione al momento? Semplice, fino al 2012 non lo vedremo nemmeno col binocolo...armiamoci di mooolta pazienza..!

Il GOTY 2010 è già storia

Tendenzialmente non sono propenso a sbilanciarmi nella scelta del Game of the Year con largo anticipo, soprattutto tenendo in considerazione che l'autunno porta in dote un'enorme quantità di titoli di alto profilo, che possono tranquillamente aspirare all'agognato primato. Eppure, dopo aver completato Red Dead Redemption, tutto appare molto limpido. Semplicemente non ce n'è per la concorrenza: game set and match ancora prima di scendere a lottare sul campo.

Sì perchè se Rockstar ormai da anni ci ha abituato ad enormi ambientazioni open world, in questo caso è stato compiuto un evidente passo in avanti soprattutto sul fronte intreccio/personaggio.

John Marston sa ritagliarsi alla svelta il suo spazio nel cuore del giocatore, grazie a quel carisma di cui a ben vedere difettano i "primi attori" di Grand Theft Auto. Sono evidenti i riferimenti all'ampia filmografia di Sergio Leone e ai personaggi interpretati da Clint Eastwood, ma mentre un Vercetti finisce col fare letteralmente il verso a Scarface, il buon John non ha bisogno di vivere di luce riflessa, complice anche l'ottima cornice narrativa che lo vede suo malgrado protagonista.

Ex fuorilegge senza molti scrupoli, ha cercato di dare una svolta alla sua vita creandosi una famiglia e tentando di diventare un uomo migliore, consapevole degli errori fatti. Purtroppo per lui il governo intende usufruire dei suoi servigi per scovare e assicurare alla giustizia i vecchi membri della sua banda. Inizierà così un lungo percorso, che condurrà John dapprima nello stato di New Austin e in seguito nel "caliente" Messico, prima dell'epilogo, e che epilogo.

Sono proprio le fasi conclusive che consentono al gioco di raggiungere vette impreviste di coinvolgimento, grazie a numerosi e inattesi cambi di ritmo. Il consueto climax sembra condurre ad un esito delle vicende che, seppur ottimamente architettato, risponde in definitiva a clichè piuttosto affermati. Dietro l'angolo tuttavia si cela l'inaspettato, John verrà mostrato sotto un'altra luce, rispetto a come il giocatore l'ha apprezzato nel corso dell'intera avventura, fino all'ultimo, letale, colpo di scena. Posso affermare con certezza di non aver mai vissuto una fase finale di questo tipo all'interno di un videogame; si tratta davvero di un approccio innovativo, spiazzante ma al contempo coerente nel trasmettere determinate sensazioni al fruitore.

Ok, ho già detto anche troppo e non voglio scadere in fastidiosi spoiler, correte a giocarlo se non avete ancora provveduto, non ve ne pentirete! ;)