Nella giornata di ieri mi è capitato tra le mani l'inserto "nòva", solitamente allegato a Il Sole 24 Ore ogni giovedì. In prima pagina il titolone "La società dei balocchi", accompagnato dall'altisonante "Psicologia e tecnica dell'homo videoludens". Con fare circospetto e un pizzico di curiosità mi sono fermato qualche minuto a leggere l'articolo, redatto da Luca Tremolada, direttamente dall'E3 di Los Angeles. Non ero di fronte ad uno specchio ma è molto probabile che abbia cambiato progressivamente colore mentre, quasi incredulo, mi facevo largo in una marea di boiate che poche altre volte ho avuto modo di leggere, sebbene la "generalista" negli anni si sia "impegnata" a fondo (che poi generalista in definitiva non è visto di chi stiamo parlando, ma tant'è).
Vado a scomporre il tutto, periodo dopo periodo, perchè è l'unico modo per dare un'idea precisa di ciò a cui mi sto riferendo (siete pregati di allacciate le cinture, chiudere il tavolino e porre il sedile in posizione eretta, mi raccomando XD). Ready? Go!
"La periferia meno nobile dell'industria dei videogame è a qualche decina metri (pronti-via, 1° errore ortografico ndr) dalla South Hall del Los Angeles Convention Center. Lontano dalle luci stroboscopiche e dagli effetti speciali dell'E3, la fiera più grande del mondo dedicata ai videogiochi che si è conclusa la settimana scorsa in California. Quasi nascoste dagli occhi dei big dell'intrattenimento elettronico. Un paesaggio di banchetti carichi di periferiche, pistole di plastica, sedili gonfiabili a forma di go-kart, insomma accessori di varia natura. 'Passiamo per essere dei moderni giocattolai - racconta un produttore taiwanese - ma più passa il tempo più tutto il settore assomiglia a un Luna Park'. A queste parole Kazuo Hirai il numero uno di Sony Entertainment risponde storcendo il naso. 'Macchè giocattoli - protesta - Tecnologie come il 3D integrato con il controller Move richiedono anni di investimenti di ricerca e sviluppo, e anche un sistema complesso di attori per produrre contenuti e di sviluppatori per lavorare sul software, dove tutti devono fare la propria parte'."
A parte la ben discutibile sintassi dei primi periodi e un chiaro errore ortografico (il primo di una tristemente lunga schiera), viene da chiedersi quale nesso possa esserci tra i commenti di un anonimo produttore di orpelli videoludici di seconda categoria e le dichiarazioni rilasciate dal presidente di Sony Computer Entertainment. Kaz Hirai protesta? Ma con chi? Col "giocattolaio di tarrocolandia"? Dai siamo seri..ma non è che l'inizio.
"In effetti il gaming è un ecosistema che finora ha avuto il merito di portare sul mercato nuove tecnologie, bruciando sul tempo altri comparti dell'elettronica di consumo. Esempio in questo senso non mancano: i videogiochi hanno praticato l'online almeno tredici anni prima della televisione che solo ora sta conducendo prove di interattivtà (2° errore ortografico ndr). Grazie a Nintendo DS la filosofia del touch screen ha anticipato di un paio d'anni il boom di iPhone e affini. Il grande pubblico ha scoperto cosa fossero sensori di movimento, accelerometri e giroscopi grazie alla Wii. E ora la stereoscopia che, pur essendo una tecnologia "antica", ha trovato nelle console e nella capacità di elaborazione dei chip la sorgente ideale per produrre in real time la terza dimensione. Insomma altro che giocattoli."
Qua nulla di particolarmente raccapricciante, se non la chiara percezione che quanto scritto sia assolutamente pari all'ostrogoto per chi ha messo a punto il pezzo. "la stereoscopia che, pur essendo una tecnologia "antica", ha trovato nelle console e nella capacità di elaborazione dei chip la sorgente ideale per produrre in real time la terza dimensione"? Il modo migliore per occupare tre righe senza dire nulla. Ma segnatevi l'ultima affermazione, tornerà utile tra poco.
"Le console con la scusa del gioco hanno introdotto sensori, interfacce, software, giroscopi, chip grafici: tecnologia a basso costo. Quest'anno poi i tre big dell'E3 hanno spremuto nuovo hardware che promette esperienze di gioco più immersive e interazioni uomo macchina ancora più naturali. Kinect, il sensore di Microsoft sulla carta è il più rivoluzionario. Il sistema di gioco sviluppato intenamente da Redmond con tecnologia dell'israeliana PrimeSense effettivamente riconosce la voce e il movimento del corpo, promette nuove forme di interazione senza l'intermediazione del controller. Quanto a Nintendo erano quindici anni che cercava di ottenere effetti 3D sulle console portatili. Precisamente da quando nel 1995 fecero flop con Virtual Boy, una macchina da gioco nata con l'ambizione di ricreare attraverso un complesso sistema di specchi oscillanti e led effetti stereoscopi il 3D (3° errore ortografico, ma di classe ndr). Solo oggi sono riusciti nell'intento, eliminando addirittura gli occhialini. Muovendo una leva l'immagine acquista profondità con un effetto ologramma. Una piccola magia ottenuta evidentemente grazie a sforzi titanici".
Ah Nintendo nel '95 fece flop col Virtual Boy? Ne furono venduti ad occhio e croce due, più che di flop forse era il caso di parlare di fallimento epocale. Bella scelta poi fare questi riferimenti quando in realtà siamo di fronte ad una nuova tecnologia che tutti gli addetti ai lavori stanno accogliendo con entusiasmo ed interesse e che difficilmente si dimostrerà un immenso buco nell'acqua. Insomma detto in breve, secondo me poteva anche risparmiarsi il richiamo al passato.
"Una piccola magia ottenuta evidentemente grazie a sforzi titanici" - altra bella frase piazzata lì tanto per fare volume, massì dai, tanto ora ci attendono le VERE argomentazioni.
"Queste tecnologie tra pochi mesi saranno in commercio. Ad attenderle non ci sono solo programmatori più o meno entusiasti. Le associazioni dei consumatori con i coltelli tra i denti si apprestano a valutare l'impatto di questi nuove (4° errore ortografico ndr) forme di interattività sulla salute."
Iniziando a dubitare che al Sole 24 Ore esista qualcuno addetto a correggere le bozze, o almeno che costui sia sobrio, ecco emergere l'immancabile considerazione paracula che non manca mai in queste situazioni. I videogiochi e la salute. Il nostro caro Tremolada poteva limitarsi a spiegare che ci sarà da verificare l'approccio ad un nuovo sistema di interazione, il quale porrà l'utente a contatto con mondi di gioco dotati di una profondità visiva mai avuta in passato. A mio avviso era più consono parlare di ipotetiche difficoltà nell'interfacciarsi con il display, non certo del pericolo che chi prenderà in mano un 3DS debba poi essere ricoverato d'urgenza (a meno che non gli abbiano fatto provare il dannato Virtual Boy, in tal caso sono vicino a lui e alla famiglia XD).
"Ma anche con diverso intento i laboratori e le università. O semplicemente gli hacker che smonteranno pezzo a pezzo questi device per inventare nuovi oggetti in barba alla proprietà intellettuale".
Questa è fantastica. Assolutamente geniale. Sarei curioso di mandare una bella mail al nostro mitico inviato per chiedergli se l'ha partorita da solo o l'hanno aiutato. Forse sarebbe il caso di limitarsi a scrivere con le informazioni di cui si è in possesso anzichè esprimersi in voli pindarici da circo. No perchè è come se io volessi mettermi a discorrere in maniera semi-seria di fisica quantistica. Sai le risate.
"I più interessati però sono gli studiosi del rapporto uomo-macchina. L'immersività del 3D e le nuove periferiche di gioco consentono un interazione (5° errore ortografico ndr) più naturale con i mondi sintetici spostando più in là i confine (6° errore ortografico ndr) della loro materia di studio, abbracciando le categorie proprie della psicologia sociale.
Non lo so, può darsi che in realtà sia io a non capire, ma di norma, se mi sottotitoli un articolo parlando di "psicologia e tecnica dell'homo videoludens", non aspetti le ultime dieci righe per concentrarti su ciò che effettivamente ti interessa. Qua invece ci troviamo di fronte ad una cozzaglia di informazioni sistemate alla benemeglio, infarcite di errori ortografici e con ardimentose valutazioni compiute da chi, in realtà, le basi per intavolare un commento di natura critica non le possiede.
"'C'è una rivoluzione in atto', commenta Luca Chittaro professore di interazione uomo-macchina all'università di Udine. 'Fino a qualche anno fa gli studi di questo tipo si ispiravano alla psicologia cognitiva. Si misuravano le performance dell'individuo che usa la macchina. Ora invece si analizzano le reazioni fisiologiche del corpo a questi agenti virtuali. E si osserva che le persone in relazione tra loro e con le macchine hanno comportamenti fisiologici molto simili'.
Seguono le dichiarazioni del Dr. Chittaro, il quale è oltremodo chiaro nell'esprimere il suo pensiero, ma a Tremolada non sembra sufficiente.
"In sostanza, percepiamo il virtuale come se fosse reale."
Ok che stiamo parlando di tecnologia, ma il 'target' del lettore medio di questo quotidiano è senza dubbio piuttosto elevato. Prodigarsi nello spiegare con una frase inutile qualcosa che è già stato illustrato in modo sintetico e preciso da un esperto a mio modo di vedere è assurdo, ancor prima che superfluo. Ma prepariamoci per il gran finale.
Signore e signori, rullo di tamburi!
"Se questo è vero, questi giocattoli potrebbero comprendere come siamo fatti. E potrebbero diventare degli specchi attraverso i quali poterci guardare. I videogiochi hanno poco meno di quarant'anni. Ma la ricerca sembra essere iniziata solo ora".
No caro Tremolada, è lei che mi sembra aver dormito fino a pochi istanti fa, è un pelo diverso. Ricordate cosa vi ho detto prima? Rispolveriamo:
"Insomma, altro che giocattoli".
Idee chiare e coerenza. Per metà articolo assume un tono entusiasta definendoli non dei semplici orpelli per adolescenti brufolosi. In chiusura al contrario emerge il reale pensiero del nostro prode giornalista, il quale sfrutta le rimanenti energie per levare anche l'ultimo briciolo di credibilità al suo pezzo, contraddicendosi da solo.
Terminata la lettura mi sono avventurato nelle pagine interne del fascicolo, pregando il Signore che non ci fosse ulteriore materiale dedicato. Trovarsi di fronte altre due facciate sull'E3 curate dalla medesima persona non ha avuto prezzo, e Mastercard non c'entra un bel niente in questo caso.
L'apoteosi dell'assurdo si è materializzata quando mi sono reso conto che in prima pagina hanno inserito il pezzo di gran lunga peggiore dei tre proposti. Ottima scelta, davvero geniale. Non mancano peraltro un paio di impareggiabili perle, che riporterò estrapolate dal contesto essendo agghiaccianti anche stand alone (tanto per rimanere in tema col settore.. XD).
PERLA N.1: "Il successo di una tecnologia è legato all'ecosistema di produttori che si forma intorno ad essa. E Kazuo questo la imparato (WHAT???!!) nel corso della sua carriera".
Ma LOL. Non aggiungo altro che è meglio.
PERLA N.2:"Nessun indizio invece su quella ("incredibbole", si sale a quota 7 errori) che accadrà dopo la PS3. Se è vero che Xbox sta già lavorando alla prossima console e Wii si appresta a lanciarne una nuova a breve, i dieci anni di ciclo di prodotti previsti da Hirai potrebbero non bastare".
Frase ineccepibile, davvero. Applausi XD.
Dispiace dirlo ma siamo sempre fermi sulle medesime problematiche. Certe bestialità in altri settori difficilmente si leggerebbero. Ci sono critici, esperti, persone che sanno il fatto loro. Basti pensare alla pagine dedicate al Costume e alla Società nei principali quotidiani. Libri, cinema e musica hanno il loro universo e chi ne scrive, in modo più o meno condivisibile, ma con argomenti veri, non con delle uscite da carosello. Sarebbe davvero così complicato fare lo stesso anche con l'intrattenimento digitale? (anzi no, diciamo unicamente videogiochi che altrimenti qualcuno di mia conoscenza poi si prende male XD). No, non sarebbe affatto complicato, ma si preferisce continuare sulla stessa linea. Braverrimi.
4 commenti:
Ciao Davide,
mi sono letto questo articolo e devo dire che sì, avrà degli errori di ortografia, sì, avrà delle inesattezze e delle ingenuità, però cavolo, lo stile!
Parlo proprio dello stile di scrittura. L'autore dell'articolo racconta una storia con un inizio e una fine, parte dal dettaglio per l'introduzione, poi va al generale, poi man mano che racconta cita gli attori chiave...
Quante recensioni, o anteprime, o news, possono essere considerate al pari come qualità di scrittura? Quante si leggono con la stessa facilità, quante hanno un filo conduttore che si dispiega con leggerezza dall'inizio alla fine?
Va bene criticare gli errori di battitura, le leggerezze e le imprecisioni, ma la verità è che a livello di stile e qualità della scrittura l'ambito videoludico è DAVVERO carente, e forse ci sarebbe qualcosa da imparare in questo senso dall'odiata stampa generalista.
Ciao Bruno, onestamente io questo discorso dello stile non l'ho percepito, mi sembra un pezzo piuttosto anonimo scritto da una persona che con l'ambiente ha davvero poco a che fare.
Che poi voglio dire, anche se dovessimo ipotizzare una miglior qualità espositiva, alla fine quello che conta in ogni articolo che si rispetti sono i contenuti. Avere uno stile impareggiabile ma riempire il proprio pezzo di superficiali imprecisioni (talvolta madornali), perdonami ma non lo ritengo un grosso valore aggiunto :)
Per il resto concordo con te che molti personaggi impegnati sulla stampa specializzata dovrebbero imparare da chi giornalista lo è veramente, non ho mai inteso sostenere il contrario ;)
A me invece sembra un'ottimo articolo, considerato il pubblico generalista a cui si rivolge, e inoltre a parte gli errori ortografici non mi sembra di aver letto chissà che castronerie: c'è di molto peggio.
A proposito dello stile, è vero che non fa contenuto, ma è comunque importante perché è con lo stile che veicoli il contenuto, e se lo stile non va, il contenuto resta inespresso (e la gente si limita a leggere il voto in calce all'articolo o, se va bene, il commentino finale).
Vedi solo il primo paragrafo: in poco spazio l'autore riesce a farci stare in scioltezza la testimonianza che fa colore e che attira l'attenzione, una breve ma precisa descrizione di cosa è l'E3, e la dichiarazione di Hirai.
L'articolista videoludico medio avrebbe avuto bisogno di almeno tre paragrafi per esprimere le stesse cose - e non è detto che avrebbe la sensibilità e la bravura di riassumere l'aspetto "circo" dell'E3 riportando la stringata considerazione di un produttore taiwanese: più probabilmente per esprimere lo stesso concetto si dilungherebbe in un pippone da giocatore hardcore schifato da Wii e company.
E ancora: è vero che il contenuto è importante, ma la situazione attuale è tale che lo stesso contenuto lo trovi in 10mila siti diversi, magari pure espresso con le stesse parole. A questo punto, è lo stile di scrittura che fa davvero la differenza, non credi?
Certo, lo stile di scrittura fa la differenza, ma consentimi, non nel pezzo di Tremolada. Contraddizioni e inesattezze sono evidenti dall’inizio alla fine, se vogliamo proprio dirla tutta l’introduzione non è poi così chiara nel rendere quello che è un evento di livello mondiale come l’E3.
Ma tralasciando tutto questo, su cui si potrebbe anche chiudere un occhio, è la frase che ho fatto notare in chiusura che “cesella” la qualità del lavoro in questione. Un giornalista che mi parla di Xbox e Wii come se fossero le relative aziende produttrici secondo te si è informato a dovere su quello che sta scrivendo? Consentimi ma mi rimangono dei forti dubbi ^^
Andando oltre il commento al pezzo in sé, ormai piuttosto old, ti consiglio una lettura che può essere utile per capire quello che intendo quando parlo di capacità di saper scrivere un testo con un taglio “generalista”, senza per questo scrivere minchiate e mantenendo, come dici tu, uno stile interessante.
Sul numero di gennaio di Wired è stato pubblicato un articolo di Riccardo Meggiato, nel quale si parla di Andrea Pessino, il famoso leader e co-fondatore di Ready At Dawn Studios. Mi dirai “eh ma Wired mica è una rivista generalista”. Vero, ma ti assicuro che il pezzo è davvero illuminante. Meggiato riesce ad inquadrare alla perfezione l’argomento, a spiegare chi è il suo interlocutore, a raccontare tutto il suo percorso, in modo assolutamente non banale e completamente slegato da quei “tecnicismi” che potrebbero far dire a un esterno cose del tipo, “ma sto qui che minchia dice?”.
Questo perché comunque Wired, pur avendo un target di lettori piuttosto skillati in termini di tecnologia, nuove tendenze ecc., non necessariamente annovera degli accaniti gamer. E allora è evidente che numerose informazioni risulteranno pressoché scontate a me come a te o a qualche altro hardcore che dovesse leggerselo, ma al contempo potrà essere compreso senza alcuna fatica anche da chiunque altro, magari avvicinandolo ad un mondo, fornendogli input che diversamente non avrebbe ricevuto. E arricchendolo.
Questo per me vuol dire (vorrebbe dire) scrivere di videogiochi sulla generalista in maniera efficace. A piccoli passi probabilmente il panorama è destinato a mutare, i videogames si stanno progressivamente innervando nella società e nella cultura contemporanea, per il momento bisogna accontentarsi.
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